Laboratorio urbano - Mente locale

Il Laboratorio urbano - Mente locale è una iniziativa di auto mutuo aiuto che nasce tra i servizi della salute psichica e mentale del ASLTO1 di Torino. Inizia le sue attività il Giugno del 2000 e ci si incontra una volta alla settimana il Martedì mattino dalle 11.00 alle 13.00 circa, a Cascina Roccafranca, via Rubino 45, Mirafiori nord, Torino. Chi vuole sapere di più può scrivere a :laburb@libero.it




mercoledì 22 giugno 2011

Sulla dissociazione


Mente locale 21.06.2011

E' l'altro Borges
quello a cui capitano le cose.
D'altronde io sono
destinato a perdermi.

I tuoi sogni imprecano
nel mondo invano..
una preda che arranca..
continuo a sognare
qualcuno verrà.

Ma c'è indifferenza
verso le sofferenza..
E io fatico a farci i conti.

...E impari che
la compagnia
non è sicurezza.
Impari che sei forte e
che vali davvero.

Ciao a quella
ragazza che se ne va.

Ma la tua cartina com'è?
Così!
Georges Bataille ci porta
un metodo di meditazione,
così l'un l'altro
ci mescoliamo
nella luce.

E' un bel esempio di
dissociazione,
tra ruolo imposto e ruolo sentito,
così siamo ai limiti della follia e
lotti contro un'altra te stessa.

Le donne usano la fallocrazia
per formulare giudizi e
Berlusconi è uno stramaschio,
per questo non va bene.

Non riconoscere
questo altro che c'è in noi
è pericoloso,
tutta la società è schizofrenica, ma
c'è un viatico che può portare
a una guarigione.

Io sono dissociato,
come Emma Marcegaglia,
per fortuna ci sono
le leccate di mucca
degli psicoperapeuti.


Ho il cervello in palla
perché Clarissa va via.
A me invece perché ho
capito chi è Clarissa.

E' importante
che ci sia un po' di dissociazione,
perché aiuta nella vita.

La dissociazione permette di
vedere le cose da un'altra prospettiva;
rende più profondi.

Se le cose non mi vengono incontro,
io intanto mi arredo la camera.

Io t'amo violentemente t'amo,
non ho pensieri puri, ho pensieri vivi.
L'immaginazione
ha il possesso dello sguardo, 
dove ci sono pensieri che CI pensano.

Due soli e due mondi
perché ho vissuto due vite.

Nei manga ci sono
bianchi e gialli come bucce di limone,
è il razzismo sofisticato
dell'immaginazione.
Il fallocentrismo di Berlusconi,
con i suoi Bunga Bunga,
meglio pisciar nel verde della vita.



Oggi ci sono tanti assenti, ma
cerchiamo di tenerli tutti alla mente.

Ad una fallocrazia corrisponde
Un potere uguale e contrario, ma
questo è pericoloso.
La componente femminile per eccellenza è
l'accoglienza,
che le donne siano veramente donne,
e non per le IMpari INopportunità.

E' normale desiderare
di essere migliori,
ma noi siamo
ciò che siamo.
Esiste un me dentro
che mi impedisce di migliorare
come vorrebbero gli altri.

Io ascolto, ascolto tutto
con questa bellissima camicia.
C'è un titolo di un film
“La ragazza che se ne va”,
nella seconda parte c'è
“La ragazza che resta
presente in noi”.
Siamo agli antiLOPI.
Ma l'acquario è fallico.

Dopo la pioggia arriva l'arcobaleno,
insomma chi vuole intendere intenda
il resto nel bungalow.

Sembra che vai a giocare a pallamano.

Nella mia parrocchia non ci sento
sudditanza, senza ma..

Cerco una nicchia dove
non ci sia giudizio.
Affondo le mie emozioni
o non le riconosco.
Mi chiedo perché una donna
non possa dare le ostie,
ma non c'è tempo.
In campagna sto bene, ma
ogni tanto viene a bussare l'ospite.

Coccolato ed escluso
al tempo stesso,
non voglio essere asfaltato.

La differenza fra tenere una mano
e incatenare un'anima;
con la grazia di un adulto
decori la tua anima.

Se torno nel 2001 non so.
Non so cosa vuol dire accogliere,
 forse l'altro va accolto perché
ti assale all'improvviso.

Alberto è diventato Rossello,
ma pensa al futuro e prende il treno.

Un dolore dall'esterno
Sommato a quello interno
e non ero più integra,
ma sola.

Ditemi l'argomento
perché voglio parlare e
dire l'opinione di
Madame Poisson.

Devo riuscire ad essere
per imparare qualcosa.
Mi affiorano alla mente 25ooo ricordi,
ma non voglio vedere
i miei limiti e
mi sono fatta carico dei pensieri
miei e degli altri.

La mia casa è troppo vuota,
così la devo riarredare di nuovo,
un filo d'erba dall'asfalto.

Non si può ignorare
quello che è stato,
così devo riconoscere
dei pezzi di me stesso.
Ecco che riconosco un
pezzetto allo stupratore,
e al traditore
ma l'erba del vicino
non è sempre più verde.

Se un demone vi concedesse la possibilità
di cambiare la vostra vita o
di riviverla di nuovo
voi cosa rispondereste??

Noi siamo anche ripetizione.
Se vuoi cambiare qualcosa di te
non dici sì alla vita.

Prova Mentadent e Colgate dice Rossello.
Il maestro invece dice:
“Venire è un fatto personale”.

Ho la mia privacy
ma vorrei mia figlia vicina e
prego per mio marito.

Basta farmi tanto così e
Sono capace di uccidere
se sono fuori di me.
Voglio mi portino rispetto,
ma la rabbia copre la paura.
A volte vogliamo stare nel dolore.
Nelle arti marziali insegnano
a non avere paura,
ma è difficile essere
nel fluido dell'universo.
Meglio il dolore alla morte.

Voi vi dimenticate
che lo psicologo ci aiuta,
io da quando non ci vado più
sto meglio.
Io invece ne conosco
uno che sta male da morire.
Adesso prende psicofarmaci.
Ho imparato a mordermi la lingua ma
non so se ce l'ho ancora.
Andate al mercato dei casaLINGUI e
saldiamo il debito di
Grecia, Australia e delle poste.


mercoledì 15 giugno 2011

Mente locale è una frontiera 2: al di fuori e al di dentro



Mente locale è una frontiera 2
Al di fuori e al di dentro


Facciamo l'esperienza
del movimento animale
per entrare nella soggettività personale.
Alla Salpêtrière si può star tranquilli,
tra manicomi, nosocomi ed isteria.

Vivo come un manichino
perché vivo
come mi hanno detto
di vivere,
e attenti alle mele marce!

Quindi tu l'hai mandato in quel posto?

Dobbiamo raccogliere
tutti gli straccetti
emotivi che lasciamo in giro.
L'ammalato è sacro e può scegliere
dove andare liberamente.
I castelli, dai romani al Medioevo,
le cinte con i merli,
il
fossato e il ponte levatoio, lo isolano;
poi ci sono quelli in spiaggia e quelli in aria.

Teniamo Ugo in mente attraverso
il nostro occhio cerebrale.
Giorni di Natale,
vai
avanti nel domani.
Gli sciamani ancora oggi
praticano la transe,
così ci si può guardare da fuori.

Vorrei essere e sentirmi libera,
tutta colpa del Papa e
della
relazione clandestina.
Siamo senza parole e
non ci
si può credere se
una
persona è costretta
a
lasciare il gruppo.

Un gruppo è formato da tante unità,
ognuno di noi è indispensabile.
Se tu non ci sei a noi gruppo
fa differenza,
ma noi non lo vogliamo
vivere come un addio.
Non mi sono mai permesso
di dire a qualcuno cosa fare,
ma i consigli degli psichiatri
forse devono essere ascoltati.
Sono a fin di bene, ma io
voglio ragionare
con la mia
testa e
camminare sulle
mie gambe.

Alla fine chi decide sei tu,
quanto è essenziale questo gruppo?
Perché lasciare un posto
che ti fa star bene?
Vai, segui il tuo cuore e
non mollare!
E io direi: “Rimani qua!”

La scelta è diversa da una decisione,
spero che non sia
una fuga, ma che ci sia vita.

Sento molte contraddizioni,
siamo un gruppo “violento”.
Spesso c'è un non filo logico,
ma io ti capisco perché
l'emotività sovrasta.
Il gruppo ha anche una
forza di buttar fuori le persone.
In un quarto d'ora riesco a
portare qualcosa di buono a casa,
spesso però sono frastornato.

Ecco, stare in questo gruppo è
impossibile, menomale c'è
qualcuno che decide per me!
Magari provo a fare un tentativo
da un'altra parte, forse è
un effetto collaterale andare
a Mente Locale.

Io mi autoassento perché
esco di qui con tanta
pesantezza addosso.

La presenza e l'assenza fanno
entrambe differenza.
Se tu ci sei, guadagniamo te e noi,
se tu non ci sei ci perdiamo tutti.
Cerca di ripensarci.

Ma il disordine va salvaguardato
con la vita, forse è la
solitudine che fa male e
il dolore è comunque presente in noi.
Lo smarrimento fa dissociare una
quotidianità che ci esclude.
Mente locale è come un antipoesia,
ma è la nostra violenza e la
nostra spigolosità.

Sentendo i corpi di tutti,
mi senti sfinito.
Non ho ricette, ma so bene come
nuotarci nella melma.
Bonificare la nostra parte oscura
comporta troppe perdite.
Perché non guardiamo il bicchiere
mezzo pieno ogni tanto?

Portiamo le emozioni a volte separate da muri,
a volte invece non riusciamo
nemmeno a renderle comprensibili.

Noi comunque,
siamo meglio di Annozero.

Gli operatori possono fare una proposta
che non può essere rifiutata...
Siamo tutti alla stessa condizione,
l'acqua non si paga e il nucleare non si fa.
La strana condizione dell'attaPPamento,
ma questa è una scorrettezza professionale o
forse un fraintendimento.
Non puoi dire non venire,
hai tutto il
diritto di essere qui.
Senza te manca un pezzo
del gruppo.

Ad un tale potere di dissociazione
corrisponde
in egual misura la capacità di guarire,
fra cacche di mucche di Delhi

e i rifiuti di Napoli.




mercoledì 8 giugno 2011

Esplorare la frontiera tra normalità e follia



“Gli antropologi distinguono tra confine e frontiera. Il confine indicherebbe un limite, una linea da non superare, mentre la frontiera richiama una fascia di territorio dove le diversità si fanno fronte, si confrontano. Il confine è rigido, la frontiera fluttuante.
Ora, se guardiamo alla storia, all'evoluzione umana utilizzando queste due categorie, potremmo dire che l'evoluzione è stata un lungo e faticoso, mai terminato, accidentato percorso per superare i confini ed aprirsi al mondo della frontiera”
“Il confine è qualcosa di primitivo, di istintivo, di viscerale, di esclusivo (nel senso che esclude). Il "termen" della nostra cultura contadina. Tracciare confini è relativamente facile, perché asseconda l'istinto naturale. E gli strumenti del confine sono la lotta per spostarlo e presidiarlo. La guerra.
La frontiera rimanda piuttosto a qualcosa di razionale, di rielaborato, di pensato, di negoziato a fatica con se stessi e con gli altri. Abitare la frontiera costa fatica perché i suoi strumenti sono il dialogo, il negoziato, la diplomazia. Il confine è rendita. La frontiera è investimento e progetto”.
Kossi Komla-Ebri
Scrittore migrante
Esplorare la frontiera tra normalità e follia
Fino a pochi anni fa tra normalità e follia c’era un confine netto. O di qua o di là. Era un confine fisico e delimitava il luogo deputato alla follia che era il manicomio. O dentro o fuori. Confine fisico oltreché culturale. Oggi dopo la chiusura del manicomio, tra normalità e follia possiamo affermare che c’è almeno la frontiera; una frontiera porosa che permette le persone di avere percorsi andata e ritorno e non solo andata e la chiave buttata. Lo sforzo di aprire una fascia di territorio, culturale, medico-scientifico, di relazioni dove la diversità tra normalità e follia si confrontano, con fatica, dialogo e negoziato. Abitare questa frontiera costa fatica, aprire questa faglia, questo interdetto è il compito di ogni individuo che non lavora alla separazione. In realtà, nella realtà misera dell’identità mimetizzata, la separazione tra gli individui lavora in modo inesorabile, senza soluzione di continuità. Crediamo che il mondo della dissociazione, dello stato modificato di coscienza possa offrire ancora un pensiero, una riflessione sulla differenza. Migliaia di persone ogni giorno, loro malgrado, praticano quest’attività. Con il loro carico di angoscia e sofferenza. Il laboratorio mente locale, fondato da pazienti e operatori dei servizi della salute mentale di zona, promuove la loro ricerca del benessere e ne fa testimonianza. Ogni martedì mattina traiettorie individuali estreme tentano di diventare soggetto collettivo, riportando ognuno le coordinate delle sue posizioni e spostamenti nella frontiera, tra normalità e follia; tentando di costruire una mappa di questa terra di nessuno, di offrire un minimo di strumenti di orientamento, di fare mentelocale sulle trappole e i vicoli ciechi.
Ne raccogliamo le singole voci e proponiamo questa possibile cartografia della frontiera disegnata sui seguenti percorsi che si sovrappongono e si intrecciano:
Abitare: condominio di carne ovvero la casa ti parla?
Sentire, vedere, dire: voci, visioni e deliri
Sognare: dove abitano i sogni? Sull’amore, Il letto, La fuga.
Strumenti: Il piccolo chimico

Abitare la frontiera e fare ricerca :
due tipi urbani estremi, l’eremita e il paranoico

La frontiera tra normalità e follia è presidiata da categorie clinico- diagnostiche. Servono agli specialisti e agli operatori per predisporre dispositivi e strumenti di cura e di controllo con un certo criterio. Noi, come collettivo operatori e pazienti, che non abbiamo dietro di noi un linguaggio forte e per forte intendiamo tre linguaggi, quello clinico, quello giuridico e quello del senso comune, noi proponiamo un sapere e un linguaggio che parte dal esperienza vissuta, e attraversa molti registri linguistici, e inevitabilmente anche quelli forti; avvertiamo la necessità di trasformare i sintomi in simboli e dare senso e significato agli accadimenti dolorosi della vita. Accade cosi che nei nostri incontri di martedì molti temi che vengono discussi nei convegni e nei studi vengono messi sotto analisi a partire dall’esperienza che ognuno porta. Prendiamo per esempio quella del “ritiro sociale” e la sottoponiamo a una decostruzione.
La decostruzione non è una operazione complicatissima. E’ quasi un operazione opposta al riduzionismo praticato dal manuale diagnostico. Li dove uno riduce l’altro amplia o riamplia. Noi ci avvaliamo delle metafore prestate da altri linguaggi, oltre quello clinico, e cerchiamo di ampliare il campo semantico del sintomo. Il primo che guida quest’operazione è il paziente che utilizza un ampio campo metaforico per descrivere la sua situazione, campo fatto dal linguaggio comune o da altri campi linguistici; pensate per esempio al come i pazienti utilizzano le metafore metereologiche per parlare dei loro stati psichici.
Per la categoria diagnostica di “ritiro sociale” possiamo avvalersi per esempio della pratica del eremitismo, millenaria e ampiamente praticata dalle religioni, e coniare un termine intermedio per disegnare il fenomeno del ritiro sociale, quello del “eremita urbano”, vivere in quasi totale isolamento in spazi urbani densamente popolati.
Ritiro sociale in pochi metri quadri. Possiamo scendere più nel particolare, e analizzare la spazialità del eremo, della stanza e esplorare i luoghi, ed ecco il letto; dal mentelocale dedicato al tema esce fuori tutta una metaforica del luogo, perché il letto è un luogo e non un oggetto, che arricchisce la categoria del “ritiro sociale” classica del depresso sdraiato a letto.
Ritiro sociale in pochi metri quadri, eremitismo urbano ed ecco che la casa ti parla. La questione delle voci e le voci del abitare. Convivere ed essere abitato dalle voci. Scatta la paranoia delle prossimità. E dal “eremita urbano” si passa al “paranoico urbano”. Abbiamo dedicato molti martedì ad esplorare la questione del abitare, della casa, delle voci e dei deliri, linguistici e spaziali, di quelli che coinvolgono il vicino e il prossimo, l’altro fantasmatico che ci abita o si aprossima. Sul abitare sono state raccolte 89 microbiografie poetiche, altre 77 sulle voci e visioni, l’insieme disegna una mappa psicogeografica della frontiera urbana, ci presentano una piccola fenomenologia della psiche e degli spazi, della casa e del abitare.
Oggi la frontiera non è un campo sterminato di praterie, una spazialità aperta e non costruita, che richiama il potere esplorativo e fondativo della nuova città, oggi la frontiera si disegna in un campo strerminato di urbano e di orizzonte costruito; una volta la frontiera era oltre la metropoli (la città madre) oggi è dentro la metropoli; anzi oggi nel panorama urbano la frontiera paradossalmente si è spostata dentro agli appartamenti. Sono gli eremiti urbani quelli che esplorano in solitudine la frontiera tra abitato e dis-abitato. La frontiera non solo come andare oltre ma anche ritirarsi da.
Cosa significa abitare per un schizofrenico? E per un melanconico profondo? E per un ossessivo? Portano ai limiti estremi l’abitare e aprono la frontiera interna. Bisogna scrivere il trattato “Le condizioni abitative del paziente psichiatrico” per capire come si evolve la nostra vita nelle città odierne, tra l’estrema solitudine e isolamento del eremita urbano fino alla ipersignificatività dei segni e dei stimoli tipica del paranoismo urbano.
Per esplorarare la frontiera tra normalità e follia dobbiamo passare da una psicopatologia a una psicogeografia della prossimità, costruita attorno alle due figure limite, quella del eremita urbano e quella del paranoico urbano.

martedì 7 giugno 2011

Saluti a Hugues, maestro di vita


"Tu ti inganni, figlio mio", mi ha detto. "Ti si potrebbe domandare di più. Te lo domanderanno, forse". "E che cosa mai?". "Ti potrebbe esser chiesto di vedere". "Vedere cosa?" [...] "Tutte queste pietre sudano il dolore, lo so. Non l'ho mai guardate senza angoscia. Ma dal fondo del mio cuore so che i più miserabili di voi hanno visto sorgere dalla loro oscurità un volto divino, è questo volto che vi si chiede di vedere".
L' étranger / Lo straniero di Albert Camus
Tutti e due stranieri come molti altri tra di noi; mi riconoscevo in lui nell’ansia legata al rinovvo del permesso di soggiorno; soggiornare è difficile, per tutti in questa terra. Ma essere due volte stranieri, come era Ugo, straniero e folle, non trovare patria da nessuna parte, comporta molta sofferenza. Era un abitante della frontiera estrema, un maestro di vita, un primario dell’arte di vivere; un sopravissuto senza patria, guarito dopo 19 anni di schizofrenia. Quando lo diceva si rimaneva attoniti, i giovani psicotici, gli educatori scettici, sorridevano e chiedevano, ma hai smesso di prendere i farmaci? No, rispondeva Ugo, ma sono guarito!! E lanciava la sfida provocatoria di pensare a un senso di guarigione difficile nella follia e nella schizofrenia, dove prevale il senso della malattia cronica. Non aveva mai smesso di delirare, ma era da considerare guarito perché abitava la frontiera tra normalità e follia con successo e stile; la sua esperienza che condivideva con i giovani, insieme alla passione per il ping-pong, scattante e imprendibile, la sua esperienza di maneggiare e districarsi nei sintomi psicotici è un esempio concreto di guarigione; anche l’estrema frontiera, quella tra la vita e la morte e l’approssimarsi di quest’ultima l’ha vissuta con stile e discrezione; francese e cosmopolita.
Noi di mentelocale, abbiamo avuto la fortuna e la grazia di sentirsi patria per Ugo, lui stesso ha contribuito in modo fondamentale, con il suo volto, le sue parole e la sua vita, a creare il senso di appartenenza e ospitalità reciproca in tutti questi anni; ha aiutato molti di noi a veder nell' oscurità e tenebra un volto divino e di questo gli saremo grati.
Orevuar Monsieur Hugues

giovedì 2 giugno 2011

Mente locale è una frontiera



MENTE LOCALE 31/05/2011


Bandiere.
Striscia o banda,
dove si distingue
un paese da un altro.
La bandiera nazionale
deve avere la precedenza
su tutti i simboli nazionali.
Vedrai sventolar bandiera gialla
e la gioventù è bella.

Chi considerate poveri fra di voi?
I bambini
che non hanno i genitori.
La famiglia è
l'unico conto in banca,
non lasciarlo in rosso.

La pace del Signore sia con voi,
è sdolcinata da liceo.

Silenzi pieni di parole,
sei nato come il sole piccolo uomo,
sei un piccolo fagotto d'oro.

Proviamo a stare
un attimo
in silenzio?
Ce la facciamo?
Siamo i caduti della psichiatria,
muoriamo anche a causa
di una pera.

Sei destinataria di cure e molecole?
Infastidisce dire
che una persona
è morta in psichiatria.
Spesso mi mancate.
Preferiamo farci invisibili
piuttosto che prendersi
delle responsabilità.

Uno stretto rapporto
esiste tra i fiori
e gli ergastolani.
Ma l'omosessualità
è rivelata,
è capitata
o è forzata dal suo io?

Non possiamo perdere
la storia delle nostre emozioni.
In Occidente,
se una persona
sta male
sono tutti cazzi suoi.

Voce che chiama dal deserto,
spesso è simile alla nostra
e porta sofferenza.

Un bolscevico canta
bandiera rossa
arrivando dalle scale.

Scusa,
ho un disturbo in cuffia.
Perché non lo mandiamo
in diretta?

Non ci sto capendo niente,
c'è troppo casino.

Qual'è la mia vera
identità sessuale?
Con chi sono
compatibile?

Gli omosessuali
hanno gli ormoni
più femminili.

Perché molti di voi
si giudicano una merda?
La gente, e la mamma,
ti ci fanno sentire.
Abbiamo interiorizzato
un giudice
dentro di noi.

Un uomo deve essere
innamorato
dell'amore,
o è una via di fuga?

La cosa peggiore
che possiamo fare a noi stessi
è avere un controllore dentro.
Un operatore
è al di là della frontiera,
ma io sono il giudice di me stesso.
Eppure è tutta rigidità:
vengo giudicato folle,
ma da chi?

Una sedia
mi ha rigato
il cuore.
Come una pentola di fagioli
esplodo e poi ci vuole
15 anni per rimettersi
in sesto.

A Mente Locale
si passa in operato.
Per guarire
ci vuole affetto di mamma,
per avere godibilità.

Bossi mette i gay,
un francese e gli psichiatrici
in un campo.

Sono matto,
ma sono cosciente
di avere un quoziente intellettivo
molto alto.

Tutte le persone
che sono qui dentro,
sanno cosa vuol dire
passeggiare vicino
al baratro.

Un giudizio
di frontiera
sono le etichette sociali,
come gli utenti psichiatrici
e le identità sessuali
amibigue.

La psichiatria è fornire molecole
per tornare all'integrazione.

Diamoci un bacio
all'una meno un quarto.
Il mio mondo è asfittico,
ho lo spazio abitativo stretto.

Lo sguardo degli altri
è inquisitorio e la frontiera
si allarga.
Fuori c'è terra bruciata.

Accoglienti verso noi stessi
e gli altri, ma nessuno
è un libro aperto.

La contraddizione qui ricorre
e definisce, ma infastidisce.

A nessuno
piace essere un campo
di cura, né cardiopatico,
né psichiatrico.

E' importante parlare, ma
non troppo sennò si perde
la privacy.

Troppa importanza a quello
che dicono gli altri
è pericoloso.

Mi sono ribellata
perché non sono solo
una paziente,
sono una persona
che soffre.

Ci vuole un rapporto
senza eccessi.
Fra sei mesi rendo il patentino,
perché non mi serve.

Un vuoto di 8/10 anni, ma la
psichiatria non lascia niente.
Ma senza come fai?
Farei reati o sarei psichiatra.

C'eri? Anche io mi chiedevo
dove fossi.

Non avendo nessuno,
qui ho la mia famiglia.
Ci vorrebbe un Mente Locale
tutti i giorni,
aprendo un passato infuocato
come regalo.

Non prevediamo esiti,
ma abbiamo
la libera scelta.

C'hanno insegnato
ad essere indifferenti
di fronte al dolore.

La società non c'aiuta
a capire chi siamo noi.
Chi fa di testa propria
è un diverso.

Dovevi fare il sindaco
di Torino perché
non esistono i malati
di omosessualità.
Magari c'è nella natura.

Troppa velocità fa male.
La barca sollevata
dalla forza dell'amore.

Io non sono solo,
c'ho tanta gente intorno.

Mente Locale è fuori
dall'ordinario, ma
l'instabilità fa crollare
il pensiero.

Ho un passato tormentato
a causa degli altri,
senza poter dire di no.

Non mi sento malato,
ma non so se questa malattia
era intubata dentro di me.

Il peggior giudice
che ho sono proprio io.
Mi do giudizi di inutilità e incapacità,
ma riconosco la mia fragilità.

Siamo numerosi, ma qualcosa
d'impossibile c'è.
Lavoriamo il nostro sogno.
Oggi vi regalo il mio abbandono,
purtroppo c'è anche l'efficienza.

Che fastidio
quando mi parlano
sopra.. No scusa,
devo dire una cosa!
Per fortuna mi sono
spiegata benissimo.
Loro come l'oro.

Sono in guerra
con la gente fuori,
anche con me,
quindi

siamo tra noi.

Chi interrompe parla
del proprio dolore
e noi lo concediamo.
A fine giornata
siamo delle chiaviche
però ci accogliamo.
Qui l'anormalità può
essere normalità e la
difendo con la vita.

Oggi piove, giornata di merda.
Mi lascio attraversare e
attraverso così non mi
dà noia niente.

Il controllore ha un ruolo interno
ed esterno, ma il primo giudice
sono io.

Il giudice ordina il caos, ma
gli altri siamo noi.

Lo dico con tre balbettii,
l'aspettativa di noi
dipende dagli altri.

Oggi ci trovo centomila parole chiave.
La vita
non l'ho lasciata fisicamente.
Oltre ad insegnare
ho tanto imparato.
Il mio giudice mi dice che sono
insicura e che ho perso la mia
famiglia: ma tutte queste cose non
imparate mi hanno fatto rimettere
tutta la mia vita.
Vorrei solo svegliarmi
da quest'incubo.

Una mente può essere ricchezza.
Quindi niente senso di colpa.

Ognuno risponde alla propria coscienza,
ecco perché mi voglio bene.

Il giudizio interiore dilaniava me stessa
ma oggi sono meno crudele
Metto la firma sulla mia vita
serena di adesso.

Non so di cosa stiamo parlando,
forse di Decathlon e di dormire.

Benvenuto ma non è quello.
Forse basta la parola.

Mente Locale è una frontiera
fra ciò che è ammesso e cosa no
nella società.
Essere qui è già un'abbandonarsi e
non è facile.
Ognuno si riempie dell'altro ma
sono appena arrivato.

Mi libero del giudice,
affronta la situazione.
Tutti sono sempre
sotto giudizio.
C'hai stesi tutti
perché è
inevitabile.
Mi sono concessa il lusso di
essere egoista perché
alla fine cos'è normale
e cosa no?

Qui forse non c'è giudizio,
perché il controllore non passa.

E' meglio il nostro controllore
piuttosto che quello esterno.

No, ci controlliamo ma abbiamo
la manica larga
con le interperanze.

La malattia psichiatrica
mette tutto in discussione e
neanche il giudice è esente.

Riconosco gli altri ma
non so con quali parametri.

Vi musico l'introduzione
fischiando i miei registi
preferiti
perché qualcuno volò
sul nido del cuculo,
quando sono con voi
mi fate paura.
I ruoli sono tutti uguali,
ma Basaglia come Lenin
sono eroi,
così mi difendo
dal sadismo degli operatori.