Laboratorio urbano - Mente locale

Il Laboratorio urbano - Mente locale è una iniziativa di auto mutuo aiuto che nasce tra i servizi della salute psichica e mentale del ASLTO1 di Torino. Inizia le sue attività il Giugno del 2000 e ci si incontra una volta alla settimana il Martedì mattino dalle 11.00 alle 13.00 circa, a Cascina Roccafranca, via Rubino 45, Mirafiori nord, Torino. Chi vuole sapere di più può scrivere a :laburb@libero.it




giovedì 31 dicembre 2015

Chronos 2016


L’infinito
non si può sopportare
a lungo
senza metterlo
in un guscio di noce,
buon2016.



giovedì 17 dicembre 2015

Farmaco e angoscia o non saper più amare




Stamattina
mi son messo in giaca e gravata
da economista serio
bisogna avere l’abito da leader
finchè l’abito fa il monaco
come l’umore dipende dal farmaco,
si ho preso i farmaci
per porre limite al contatto con me stessa
col risperdal potente
emozioni spente,
si l’ho preso il farmaco
ma non mi ricordo
hanno una funzione mnemolettica.
Ma la domanda è
come facciamo a stare o a uscire dall’angoscia
senza il farmaco?
Ci ho provato
con sostituzioni
invece del farmaco
mi sparo la musica a palla,
ci provo con la marijuana e
l’erba genuina
il mio gatto preferisce l’erba cipollina,
rilassamento e dissociazione
ma possiamo far dipendere
il nostro benessere
dal consumo di un erba?

Studio
mi faccio dei pensieri
dopo un po’ il cervello si fonde
fuso dal troppo pensare
fumo e sono fuso
studio penso e sono fuso
ritorna la questione della dipendenza
da sostanze, relazioni, ossessioni
una dipendenza in declinazione ambigua
come il padre che ci ama ma ci castra
abbiamo da fare con il farmaco diffuso
accade che
prima trovano il farmaco e poi creano la malattia
farmacodiffusione estesa
perdita di senso allargata
fine del novecento con le sue certezze utopiche
anche se esco dalla dipendenza
rimane sempre uno scarto
siamo sempre eteroguidati
non c’è autonomia,
sono convinto
che c’è una forza superiore
che ci controlla
si, sono un complotista
e rivendico la paranoia,
succede che divago nella notte
faccio nottata
ripercorro i prericoveri
c’è sempre una costante,
non sento il me del passato
non mi piace il me del presente
spirale discendente
cosmo impacchettato
dalla politica alla teologia
una foresta di simboli
perdo l’anima
e non so più amare,
fai cosi, grida
ridatemi la mia anima,
invaso dal dubbio,
dubbio cosmico,
mi sento
tra mara-diavolo e
budda-simbolo


il dubbio di non saper amare,
non si guarisce dall’angoscia
urlo contro dio
contro il mondo che mi ha spento l’anima
sono centrato e
sento una profonda solitudine,
senza neanche l’ironia
mi sento fottuto dal sistema
potuto in godimento
angoscia e religione
è l’angoscia di morte
che spinge l’umano
a far crescere dio
ma morto dio
ci rimane solo il povero io
che soccombe all’angoscia
ma mi chiedo
morto dio ci rimane
solo il farmaco
per uscire dall’angoscia?
Dio non è morto
si è dissolto in tante piccole divinità
che portano caos, confusione e angoscia
iodiominore
mi sento animale sgozzato
sacrificato
ho sacrificato l’anima al dio eros
e lui mi ha ripagato
voltandomi le spalle
anima persa
sento di voler amare
ma di non sapere amare,
prericoveri metafisici e
pensiero magico
invaso dalla simbologia degli dei caduti
simboli inerti
sono stato con mezza Hollywood
e adesso mi sento un po stanco
voglio una magia ecosostenibile
ricordo il reparto e il cortile
tanti pazienti, operatori, si parla
do subito del lei per tenere le distanze
qualcuno mi dice diamoci del tu e
subito mi trovo a mio agio,
sento le coincidenze e corrispondenze cosmiche
applicavo la regola
segui il primo che passa
e arriverai dove vuoi,
vedo tutti i passanti che piangono
lacrime amare,
come centra il sacrificio?
Le lacrime e il dolore sono il sacrificio del io
per uscire dalla frammentazione e
riassaporare l’unità,
forme di comunicazione differenti
smaterializzazioni improvvise
partenze inavvertite
siamo in piena crisi della presenza
si, sono poca cosa
ma sei tu che non mi vedi.

giovedì 3 dicembre 2015

Amore e altre tragedie



Mente locale del 1.11.15,
Cascina roccafranca

Ritorna Michela Murgia
tra le nostre parole
con l’accabadora,
e io mi ricordo sempre
che sono fill 'e anima
oltre che ipoacusico;
sentiamo la poetessa
senti Mariangela Gualtieri
che canta Alcesti,

Ma solo pensare a te.
Non è una figura che viene
una nitida traccia.
È come cadere in un posto
con un po’ di dolore.
Tu sei il mio tu piú esteso
deposto sul fondo mio. Tu. Non c’è
un’altra forma del mondo
che si appoggi al mio cuore
con quel tocco, quell’orma.
Tu. Tu sei del mondo la piú cara
forma, figura, tu sei il mio essere a casa
sei casa, letto dove
questo mio corpo inquieto riposa.
E senza di te io sono lontana
non so dire da cosa ma
lontana, scomoda un poco
perduta, come malata,
un po’ sporco il mondo lontano da te,
piú nemico, che punge, che
graffia, sta fuori misura.
Mio vero tu, mio altro corpo
mio corpo fra tutti mio
piú vicino corpo, mio corpo destino
ch’eri fatto
per l’incastro con questo mio
essere qui in forma di femmina
umana. Mio tu. Antico suono
riverberante, antico
sentirti destino intrecciato
sentire che sei sempre stato,
promesso da ere lontane
da distanze cosí spaventose
cosí avventurose distanze da
lontananze sacre.
Tu sei sacro al mio cuore.
Il mio fuoco
brucia da sempre col tuo
il mio fiato.
Io parlo delle forze –
di correnti sul fondo del mio lago
sul fondo del tuo, oscure e potenti,
piú del tempo dure piú dello
spazio larghe, ma sottili
al nostro sentire,
afferrate appena
e poi perdute, nel loro gioco.
Che cosa siamo io e te? Che cosa eravamo
prima di questo nome? E ancora
saremo qualcosa, lo sappiamo e non
lo sappiamo, con un sentire
che non è intelligente lavorio cerebrale.
Nessuna parte di corpo che muore
nessun pezzo umano, nessun arto,
nessun flusso di sangue, nessun
cuore, nessuno, niente che sia
stretto nel giro del sole, niente
che sia solo terrestre umano muove
il tuo cuore al mio, il mio al tuo,
come fossero due parti di un uno.
Allora tu sei la mia lezione piú grande
l’insegnamento supremo.
Esiste solo l’uno, solo l’uno esiste
l’uno solamente, senza il due.
Poetessa potente
parola potente
di corpi distratti e distrutti
purezza d’amore fuggente
canto degli infanti sullo sfondo
parole ammaestranti
e sospiri d’attesa,
perché tutta questa invidia?

Dito medio alzato
invidio l’amore altrui
endorfine diffuse
 scatta l’invidia e
non mi alzo dal letto,
ieri sono andato in crisi
sul idea che dò e si fanno gli altri
che non è quella che voglio dare,
che ci faccio qua?

Mi lecco i baffi
briciole di marmellata,
riscopro il bambino,
mi prendo cura
giro e rigiro ma
non controllo tutto, ecco
sono più libero,
so cosa ci sto a fare al ASL,
attendere che l’eros dispieghi le sue ali
e mi faccia volare, ma
ci parli con lei?
Una volta ma adesso non più
Tutto accade senza parole e
in mondi paralleli,
shadowing e
osservazione sul campo
delle nevrosi istituzionali
fatte di
difesa, resistenza e nascondimento,
ci va una miscela di coraggio e paura
per seguire le vie eterodosse dell’amore,
esporsi totalmente al rischio
e accettare la sfida
in tempi di povertà d’amore
dove regnano la solitudine cosmica,
e le relazioni svuotate,
angosce notturne
trasformazioni e
perdita della pelle,
come vivo la metamorfosi?
Cosa sarà di me?
Confusione ed incertezza accompagnano il cambiamento,
forse si può ascoltare l’angoscia dell’altro
sdrammatizzando,
 ecco certe volte l’ironia è più potente del ansiolitico,
ma altre volte
all’angoscia e alla rabbia dell’altro
rispondo con la fuga,
da uomo di paglia e vigliacco.
Il cerchio si è rotto
è emersa un angoscia diffusa
dove non c’è io, c’è dio
dove non c’è dio, rimane solo il povero io
ma oltre dio e io, ci attende tutta una frontiera del sacro
e mi chiedo:
come si fa
se uno non ama se stesso
amare l’altro?
Come si fa
se uno non ama se stesso
chiedere-pretendere che l’altro lo ami?

Come si fa
se uno rende se stesso brutto
desiderare che l’altro lo ami?

I nostri oggetti oscuri
i produttori d’angoscia pura
ci possono riunire
ma solitamente ci dividono e
ci rendono aggressivi,
emerge l’angoscia e
toglie luce all’amore,
è notte.