Laboratorio urbano - Mente locale

Il Laboratorio urbano - Mente locale è una iniziativa di auto mutuo aiuto che nasce tra i servizi della salute psichica e mentale del ASLTO1 di Torino. Inizia le sue attività il Giugno del 2000 e ci si incontra una volta alla settimana il Martedì mattino dalle 11.00 alle 13.00 circa, a Cascina Roccafranca, via Rubino 45, Mirafiori nord, Torino. Chi vuole sapere di più può scrivere a :laburb@libero.it




sabato 31 maggio 2014

Lettera dall' OPG

Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani: una lettera.
31 maggio 2014      
Alla Madonna madre di tutte le Madonne, A mia Madre (che dove sta non oso sapere) e alla Direttrice di questo OPG, Madre di tutti noi ricoverati e detenuti e ospiti speciali.

Cara Direttora, mi chiamo Domenico Andreozzi di Fu Cosimo Andreozzi. Scrivo questa lettera, io ex padrone di un allevamento da bufala e oggi qua paziente e detenuto speciale. Negli ultimi tempi (tramite l’ascolto delle letture di qualche giornale che i teatranti che convivono con noi qua, dentro leggono ad altri pazienti e detenuti non tanto speciali come me…), ho saputo che questo OPG che feta di piscio (ed è pieno di pane molliccio e ammuffitto nei suoi corridoi, nonostante i ricordi che da piccolo mia nonna Nunziata quando mettendo a fare il pane lo estrapolava dal forno usciva un odore di efflagranza caldo e buono)…questo OPG potrebbe chiuder battente. Se questo OPG, chiude battente, che fine potrò fare io solo in quel mondo lì oltre gli alberi che ci guarda come si guardano gli uccelli chiusi in una grande gabbia per pavoni e altri volatili da compagnia? Come si fa, per me che non ho moneta sonante né una impresa agricola come quella che mio padre voleva lasciare in dote a me -quando poi la lasciò a mio fratello Alfonso- dicevo come si fa a farci l’abitudine alla mancanza delle cose prime che servono, come la carta per il bagno e l’acqua pulita e fresca da bere e un televisore funzionante come quelli che adoperavano per i pazienti in quel carcere dell’Altra Italia. Un altro luogo assai reclusivo in cui sono stato prima di venire qua in mia terra del sud? Qualcuno qua, (come potreste apperorare teleguardando i films delle riprese delle macchinette che ci spiano notte e giorno per far sapere alle guardie che lavorano qua cosa veramente facciamo) di tanto in tanto ci chiama per curare i fiori, le piante e gli arbusti del giardino di questo grande posto. Però, essendomi riconosciuto il mio impegno vero, non ho mai moneta sonante da spendere per le sigarette, o altro necessitamento da acquistare. Non mi pare bello, né cortese, forse neanche giusto per assoluta verità. Da come risulta nelle cartelle da me firmate per presa visione e da voi addepositate nei vostri grandi stanzoni sanitari, io soffro di un problema di calcoli renali e vanto un solo rene ancora funzionante. L’altro mio rene se lo sono mangiati i cani dei dottori della sanità o- secondo mie fonti secrete- lo hanno venduto a chi gestisce cose strane da vendere a ogni costo per cifre ipermiliarcidiarie. Io, da quei signori che vendono cose strane e che voi Direttora ben conoscete, vorrei comprare un grande palco per i bravi teatranti che spesso ci fanno visita e poi vorrei un rotolo di Francobolli a metro per scrivere e mandare a partire tutte le lettere da far leggere a chi finge di non avere luce negli occhi. La luce, cara Direttora, qua dentro manca assai. Fuori, nel mondo che mi conosceva come bufalaro-allevante, la luce della mattina e quella del fuoco notturno vicino cui mi addormentavo mentre molavo il coltello (e le asce) che si usavano per i lavori di campagna, ebbene la luce sapevo cosa era e cosa non era. Qua, fra queste stanze fredde e buie e mai addobbate con colore, io sento che pure i miei occhi perdono la luce. Pure i serpenti che sono animali cari al diavulo strisciano, ma possono stare certi che nessuno smonterà il loro mondo naturale. Qua, se smontano questo mondo non naturale, io penso che finiamo da qualche altra parte. Sicuramente non nelle case che io per primo ho abbandonato quando facevo miglior vita.  In breve – solo nel finale e senza alcun inchino ma che non si legga questa mia missiva come una minaccia assoluta- domando A LEI DIRETTORA alcune richieste:

-Per quale causa lavoriamo tanto e non sempre prendiamo moneta sonante come previsto da legge?

-Le visite mediche particolari e speciali hanno un tempo o arrivano quando fa troppo freddo o troppo caldo?

-La pasta che ci date, prima delle medicine, è sciacqua e poco salata perché così richiede il medico?

-Le guardie che lavorano qua dentro da chi sono controllate se loro controllano noi dormienti fissi e pazienti quando le notte e i giorni e albeggiamenti e tramonti siamo sempre circondati da mura?

Infine, consiglio sulla mia eventuale dipartita in caso di prolungamento aspettativa di morte rispetto ad altri pazienti e detenuti che hanno preso scorciatoia e di cui poco parlate ai teatranti e ai pochi che fanno visite qua: Io, medicine potenti che mi stordiscono, non vorrei prenderne più assai e per sempre. Però, se dolore deve essere questa vita qua dentro non voglio morire di volontà mia come alcuni ospiti speciali che hanno posto fine alla loro vita. Preferensi morire di morte da sonno letale. (lì, nel sonno letale, tutto pare davvero quaieto. No infernale come questo paradiso che mette in moto il lavoro da moneta sonante per lei e per tutti quelli che come lei stanno qua ad auscultare anche i nostri battiti interni).

http://terranera-mareblu.comunita.unita.it/2014/05/31/ospedali-psichiatrici-giudiziari-italiani-una-lettera/

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