Laboratorio urbano - Mente locale

Il Laboratorio urbano - Mente locale è una iniziativa di auto mutuo aiuto che nasce tra i servizi della salute psichica e mentale del ASLTO1 di Torino. Inizia le sue attività il Giugno del 2000 e ci si incontra una volta alla settimana il Martedì mattino dalle 11.00 alle 13.00 circa, a Cascina Roccafranca, via Rubino 45, Mirafiori nord, Torino. Chi vuole sapere di più può scrivere a :laburb@libero.it




lunedì 4 febbraio 2019

Intervista su Laburb mentelocale



Intervista su mentelocale, 2008 circa:

1. Genere: maschio

2. Età 46 anni

3. Da che anno partecipi alle attività dell'Associazione? Dal inizio, anno 2000

4. Hai partecipato alla sua fondazione o hai iniziato a frequentarla in seguito? Ho partecipato alla fondazione

5. Ricopri delle mansioni specifiche? Di che cosa ti occupi? Educatore nel Centro di Salute Mentale e al interno del gruppo sono uno dei facilitatori.

6. Se hai partecipato alla sua fondazione, sapresti spiegare le motivazioni per cui l'Associazione nasce? A che cosa serve? L’associazione è la formalizzazione di un laboratorio sperimentale che ha posto in centro la qualità delle relazioni nel contesto urbano, cioè “abitare la città”. E’ un meccanismo collettivo di elaborazione di strategie di sopravvivenza nel contesto urbano caratterizzato da frammentazione, solitudine, isolamento.

7. Da chi è composta e che cosa fa l'Associazione Mente Locale? In che misura ti senti promotore dei progetti? I soci sono in prevalenza o utenti (la maggioranza) o operatori dei servizi del DSM(e la quasi totalità dei operatori soci sono educatori provenienti dalla cooperazione sociale) . L’associazione promuove la pratica del auto mutuo aiuto (ogni martedì mattina dalle 10.00 alle 13.00 ), e progetti di comunicazione sociale contro il pregiudizio e lo stigma, contro la solitudine e l’isolamento, l’ansia e l’angoscia che caratterizzano i rapporti sociali. Per fare ciò utilizza tutti i strumenti possibili: la voce, il testo, l’immagine e il concetto. Quindi si costruiscono situazioni dove i volti e le voci di chi è diventato invisibile e afono diventano protagonisti, iniziative editoriali, video, mostre di pittura, film e documentari, seminari e performance. Il tutto per poter riscoprire e praticare l’ “arte di vivere” che c’è in ognuno di noi. Personalmente mi sento promotore e promosso dai progetti fin qui realizzati.

8. Esistono delle differenze tra i vari soci all’interno dell’Associazione? Oltre la differenza individuale di declinare la propria esistenza, nella sofferenza come nella gioia, che l’associazione promuove lottando contro il processo di omologazione esistenziale oggi imperante esistono delle differenze derivanti dai ruoli sociali che ogni individuo riveste; nel nostro caso è la differenza tra pazienti ed operatori quella più contraddittoria. Ma siccome il Laboratorio urbano mente locale dichiaratamente non è un gruppo “terapeutico”, dalla sua fondazione è iniziato un processo di “messa in critica” dei rispettivi ruoli, delle evidenze, delle certezze , dei pregiudizi e delle contraddizioni che ogni ruolo sociale comporta, sia quello di operatore sia quello di paziente. Sappiamo che non basta una dichiarazione ideologica di superamento della differenza di ruoli, ma ci vuole una tensione costante, la volontà di sperimentare situazioni che vadano oltre le relazioni d’aiuto regolate da protocolli sanitari, di andare oltre il linguaggio psicodiagnostico, di non riposarsi nei classici “setting” terapeutici.

9. Che cosa fate negli incontri di gruppo del martedì mattina?Di che cosa parlate? Dal 2001,ogni martedì mattina, tutti le settimane, tutti i mesi, dalle 10.00 alle 13.00 circa, c’è l’incontro; ha una prima parte che si ripete ormai da tempo immemorabile e costituisce possiamo dire l’apertura rituale del incontro. Il gruppo si dispone in cerchio. Prima cibo per il corpo con una sostanziosa colazione con focaccia, pizza rossa, caffè, tè ed altre vivande, segue cibo per la mente con la declamazione di poesie e lettura di testi e piccoli racconti. Questa parte è una costante che fa da cornice del incontro. Istituisce e apre campo relazionale che non è mai disegnato apriori, con traiettorie relazionali imprevedibili anche se un canovaccio, una trama, una tematica, affiora sempre, soprattutto presentato sotto forma del “ordine del giorno”; una serie di punti derivanti o dagli incontri precedenti o dai progetti a lungo termine che il gruppo propone e coltiva ( Wunder Kammer, CPN, Stradario, Rifugio Urbano). Intorno a questa trama ogni partecipante al gruppo ricama la propria voce , declinandola a piacimento. Spesso uno dei partecipanti, ha un tema impellente, che lo tormenta e il gruppo si dispone ad accogliere il tema emergente ad ascoltare ed ascoltarsi. Questa parte costituisce la parte mutevole di ogni incontro. È un coro di voci, improvvisato sotto un minimo di direzione-facilitazione, che certe volte produce qualche “cacofonia” ma spesso “sinfonie” del profondo si odono al interno del cerchio. I temi escono fuori dall’esperienza quotidiana del malessere e della follia. Dal ansia all’angoscia , le voci e le allucinazioni, l’identità e la frammentazione, la solitudine e l’isolamento, i farmaci e lo psichiatra, le cliniche e i ricoveri, i TSO e i repartini, la famiglia e la casa, il lavoro e il denaro. Tutti temi che vanno e ritornano, che producono un processo “diagnostico”, di conoscenza che non parte da manuali universitari ma dall’ esperienza quotidiana di vivere.

10. Qual è il progetto che ti ricordi con più affetto e perché? Prima di entrare nel merito della domanda faccio una premessa, tutti i progetti hanno lasciato in me una traccia mnestica e di senso. Ogni progetto (le derive esplorative dei limiti e dei confini, la Wunder Kammer, CPN, Stradario, Rifugio Urbano, Edizioni volanti) anche quello meno fortunato, il collettivo ha saputo saturarlo di situazioni di vita; sono stati degli accadimenti eventuali che segnano l’esperienza. Tuttavia se devo dire quale progetto mi ha coinvolto di più questo è il Circolo dei Poeti Nascosti. Una linea profonda lega questo progetto a tempi precedenti a Mente locale. Un gruppo piccolo, tre-quattro persone scrivono poesie, ma non sanno che farsene; hanno i cassetti pieni e la testa che scoppia di versi. Forse li è stato coniato per la prima volta il proclama del CPN; Hai una poesia nel cassetto o nella tua testa? Portala in piazza …. e liberala. Si trattava di “liberazione delle poesie” e insieme di dar voce a parole che erano diventati solo testi. Ma non solo; è venuta fuori una pratica di scrittura, che utilizzando la libertà e la creatività del discorso poetico, tentava di nominare qualcosa che né il linguaggio clinico né quello del senso comune rendeva ragione o almeno non una ragione che bastava. Qualcosa di irriducibile ai clicchè psicolinguistici e alle molecole neuroscientifiche, il mistero della vita , l’assurdo della follia, l’esperienza del mal-essere. Di tutto ciò quei versi erano le tracce di una ricerca di senso quotidiana. Sulla follia si producono di solito solo due tipi di scrittura, una è la cartella clinica che scrivono gli operatori sull’esperienza del paziente e l’altra sono le poesie che scrivono i pazienti sulla propria esperienza. Mentre la prima riposa negli archivi degli ambulatori e non va mai oltre la cerchia dei terapeuti e un linguaggio burocratico curante, la seconda, la scrittura poetica, con urgenza chiede di essere ascoltata, di essere messa in comunicazione. Quei versi scritti cercavano con urgenza una voce che gli declama e gli faccia risuonare nelle piazze e nelle strade. Abbiamo riscoperto che la scrittura poetica è diffusissima tra i folli e i melanconici e questo ci ha fatto considerare che forse solo il linguaggio poetico accoglie e rende testimonianza autentica del esperienza della follia. Nel 2004 fondammo il Circolo dei poeti nascosti insieme con altri gruppi affini dell’area metropolitana. Urban 2 Mirafiori-Nord finanzia il progetto. Da allora più di dieci raduni promossi nelle piazze, e nei mercati, nei parchi e nei giardini, nei bar e nei teatri, con centinaia di partecipanti, hanno cercato di trasformare il testo e la voce della poesia in arte relazionale. Ogni raduno è una performance del “arte di vivere”: la fondazione del luogo, l’inalzamento del totem, il trono del poeta, la declamazione delle poesie, la liberazione eliocinetica delle poesie, il simposio finale.
Qualche giorno fa, dopo che dal inizio del progetto è passato qualche anno, abbiamo assistito alla prima del film cortometraggio “Il terzo incarico”, ultimo progetto cresciuto dentro la pancia del CPN. Mi piace la multiformità assunta col tempo del CPN. E’ diventato testo con AntologicoPoetica e Edizioni volanti CPN, ipertesto col blog www.poetinascosti.com , immagine filmica con Il cosmonauta e la lepre e Il terzo incarico, un viaggio seguendo e creando la poesia collettiva Chi sei tu, dalla Sicilia al Teatro del Caffè Basaglia, scultura totemica attorno alla quale costruire la fondazione del luogo-raduno, evento comunitario con la serie dei raduni e delle liberazioni, sintesi della orizzontalità delle relazioni tra pari con la verticalità del aspirazione iperurania e metafisica, simposio finale come esempio del arte di vivere che va oltre la separazione mente e corpo. Mi piace il CPN perché ha dato la possibilità a decine di persone di poterlo usare e viverlo, ognuno con la propria voce e il proprio silenzio ma tutti protagonisti.

11. Gli operatori dell’A.S.l, i medici, gli infermieri, sanno che frequenti questo gruppo? Che cosa ne pensano? Siccome sin dal inizio mente locale aveva puntato su una considerazione antropologica della sofferenza psichica e mentale, spostandosi oltre il linguaggio clinico e le pratiche analitico interpretative, i colleghi inizialmente faticavano a comprenderci. Un diverso modo di declinare l’accoglienza, uno grande sforzo di abbassare la soglia, un modo diverso di “stare nella relazione”, la ricerca di un modo di non escludere il desiderio dal nostro fare quotidiano, tutto ciò ha provocato più di qualche incomprensione non solo tra i colleghi ma anche tra di noi che partecipavamo direttamente all’impresa. Col tempo mente locale ha assunto una sua fisionomia, una sua coerenza, si è fatto conoscere sia nei servizi sia nel territorio. Tramite Urban2 ha potuto sperimentare un percorso di formazione con i colleghi dei servizi dove abbiamo portato tutta l’esperienza maturata nel laboratorio e nel territorio. Man mano che i progetti si realizzavano, acquistavamo visibilità e riuscivamo a far giungere ai nostri colleghi il senso e il significato del nostro lavoro. Sempre di più mentelocale veniva riconosciuta come risorsa dai colleghi, aumentava la curiosità e aumentavano anche gli “invii” verso mentelocale. Nostro sforzo costante è quello di condividere con i colleghi, con tutti i strumenti a disposizione (riunioni, supervisioni, seminari, occasioni pubbliche, testi e testicoli volanti, film e mostre d’arte) il procedere e i risultati delle nostre ricerche. Siamo tutt’ora però considerati, estroversi, sperimentatori, buontemponi, qualche volta perditempo, creativi, quelli che si muovono in base al desiderio, stimolanti, incomprensibili, qualche volta rompicoglioni etc. Tutto sommato bene.

12. Che relazioni intercorrono tra l’Associazione e le altre agenzie del territorio? Il laboratorio urbano intrattiene rapporti con molte agenzie. Con alcune il rapporto è formale con altre si condividono progetti, ricerca e significato. Comunque lo spettro delle relazioni parte da altri gruppi o associazioni affini alla nostra come gruppi di auto mutuo aiuto, Rete Servizi bassa soglia, utenti dei DSM regionali, Coordinamento Utenti Piemonte (Torino, Biella, Chivasso, Alba, Cuneo), Associazionismo di base ( Arcobaleno, Il Tiglio, Vol.Pi, O.I.S.M), Forum regionale e nazionale sulla salute mentale, Coordinamento operatori bassa soglia Piemonte(COBS Piemonte), Servizi bassa soglia : “senza fissa dimora”, “consumatori di sostanze”, “disagio psichico e mentale” ( dormitori, Centri diurni, centro crisi, drop-in, CanGo….), le relazioni che fanno rete nel nostro quartiere Mirafiori-nord, i soci di Laburb abitanti nel distretto, l’associazionismo del quartiere – Tavolo della 2 – Cascina Roccafranca, le reti del volontariato, le parrocchie e i centri d’ascolto ( Parrocchia Gesù Redentore) la rete dei servizi ASL2-DSM e servizi Socioassistenziali, Servizi territoriali ASL2, Servizi territoriali DSM – Centri Salute Mentale e centri diurni, Ospedali e SPDC, Residenzialità assistita, case famiglia e appartamenti protetti, Case di cura e comunità terapeutiche, CST ed educativa territoriale e alla fine la rete di comunicazione sociale, come il Circolo Poeti Nascosti (CPN), Videocomunity, Lo Stradario, periodici di base: Edizioni emotive, Segnali, Il Veliero, la cooperazione sociale.

13. Ti sembra che le attività proposte dall'Associazione si diversifichino dalle altre proposte all'interno del centro diurno e dell'ambulatorio? Si perché laburb è un laboratorio relazionale e di comunicazione sociale che si pone sulla soglia tra DSM e territorio.

14. Se si, perché? L'associazione porta qualcosa di nuovo? Perché non è terapia né riabilitazione come la maggior parte degli altri gruppi del dipartimento, anche se attraversa campi di cura e percorsi socioassistenziali . Inoltre laburb ha portato le relazioni d’aiuto fuori dai protocolli sanitari, ha impostato relazioni tra pari e ha cercato di aprire campi relazionali che si stendono su tutta la città non limitandosi al distretto-territorio.

15. Che cosa ti aspetti di poter fare all'interno dell'Associazione in futuro? Di fare bella vita


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