Mente locale del 1.11.15,
Cascina roccafranca
Ritorna Michela Murgia
tra le nostre parole
con l’accabadora,
e io mi ricordo sempre
che sono fill 'e anima
oltre che ipoacusico;
sentiamo la poetessa
senti Mariangela Gualtieri
che canta Alcesti,
Ma solo pensare a te.
Non è una figura che viene
una nitida traccia.
È come cadere in un posto
con un po’ di dolore.
Tu sei il mio tu piú esteso
deposto sul fondo mio. Tu. Non c’è
un’altra forma del mondo
che si appoggi al mio cuore
con quel tocco, quell’orma.
Tu. Tu sei del mondo la piú cara
forma, figura, tu sei il mio essere a casa
sei casa, letto dove
questo mio corpo inquieto riposa.
E senza di te io sono lontana
non so dire da cosa ma
lontana, scomoda un poco
perduta, come malata,
un po’ sporco il mondo lontano da te,
piú nemico, che punge, che
graffia, sta fuori misura.
Mio vero tu, mio altro corpo
mio corpo fra tutti mio
piú vicino corpo, mio corpo destino
ch’eri fatto
per l’incastro con questo mio
essere qui in forma di femmina
umana. Mio tu. Antico suono
riverberante, antico
sentirti destino intrecciato
sentire che sei sempre stato,
promesso da ere lontane
da distanze cosí spaventose
cosí avventurose distanze da
lontananze sacre.
Tu sei sacro al mio cuore.
Il mio fuoco
brucia da sempre col tuo
il mio fiato.
Io parlo delle forze –
di correnti sul fondo del mio lago
sul fondo del tuo, oscure e potenti,
piú del tempo dure piú dello
spazio larghe, ma sottili
al nostro sentire,
afferrate appena
e poi perdute, nel loro gioco.
Che cosa siamo io e te? Che cosa eravamo
prima di questo nome? E ancora
saremo qualcosa, lo sappiamo e non
lo sappiamo, con un sentire
che non è intelligente lavorio cerebrale.
Nessuna parte di corpo che muore
nessun pezzo umano, nessun arto,
nessun flusso di sangue, nessun
cuore, nessuno, niente che sia
stretto nel giro del sole, niente
che sia solo terrestre umano muove
il tuo cuore al mio, il mio al tuo,
come fossero due parti di un uno.
Allora tu sei la mia lezione piú grande
l’insegnamento supremo.
Esiste solo l’uno, solo l’uno esiste
l’uno solamente, senza il due.
Poetessa potente
parola potente
di corpi distratti e distrutti
purezza d’amore fuggente
canto degli infanti sullo sfondo
parole ammaestranti
e sospiri d’attesa,
perché tutta questa invidia?
Dito medio alzato
invidio l’amore altrui
endorfine diffuse
scatta l’invidia e
non mi alzo dal letto,
ieri sono andato in crisi
sul idea che dò e si fanno gli altri
che non è quella che voglio dare,
che ci faccio qua?
Mi lecco i baffi
briciole di marmellata,
riscopro il bambino,
mi prendo cura
giro e rigiro ma
non controllo tutto, ecco
sono più libero,
so cosa ci sto a fare al ASL,
attendere che l’eros dispieghi le sue ali
e mi faccia volare, ma
ci parli con lei?
Una volta ma adesso non più
Tutto accade senza parole e
in mondi paralleli,
shadowing e
osservazione sul campo
delle nevrosi istituzionali
fatte di
difesa, resistenza e nascondimento,
ci va una miscela di coraggio e paura
per seguire le vie eterodosse dell’amore,
esporsi totalmente al rischio
e accettare la sfida
in tempi di povertà d’amore
dove regnano la solitudine cosmica,
e le relazioni svuotate,
angosce notturne
trasformazioni e
perdita della pelle,
come vivo la metamorfosi?
Cosa sarà di me?
Confusione ed incertezza accompagnano il cambiamento,
forse si può ascoltare l’angoscia dell’altro
sdrammatizzando,
ecco certe volte l’ironia è più potente del ansiolitico,
ma altre volte
all’angoscia e alla rabbia dell’altro
rispondo con la fuga,
da uomo di paglia e vigliacco.
Il cerchio si è rotto
è emersa un angoscia diffusa
dove non c’è io, c’è dio
dove non c’è dio, rimane solo il povero io
ma oltre dio e io, ci attende tutta una frontiera del sacro
e mi chiedo:
come si fa
se uno non ama se stesso
amare l’altro?
Come si fa
se uno non ama se stesso
chiedere-pretendere che l’altro lo ami?
Come si fa
se uno rende se stesso brutto
desiderare che l’altro lo ami?
I nostri oggetti oscuri
i produttori d’angoscia pura
ci possono riunire
ma solitamente ci dividono e
ci rendono aggressivi,
emerge l’angoscia e
toglie luce all’amore,
è notte.
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