Intervista su mentelocale,
2008 circa:
1. Genere: maschio
2. Età 46 anni
3. Da che anno partecipi
alle attività dell'Associazione? Dal inizio, anno 2000
4. Hai partecipato alla
sua fondazione o hai iniziato a frequentarla in seguito? Ho
partecipato alla fondazione
5. Ricopri delle mansioni
specifiche? Di che cosa ti occupi? Educatore nel Centro di
Salute Mentale e al interno del gruppo sono uno dei facilitatori.
6. Se hai partecipato
alla sua fondazione, sapresti spiegare le motivazioni per cui
l'Associazione nasce? A che cosa serve? L’associazione è la
formalizzazione di un laboratorio sperimentale che ha posto in centro
la qualità delle relazioni nel contesto urbano, cioè “abitare la
città”. E’ un meccanismo collettivo di elaborazione di strategie
di sopravvivenza nel contesto urbano caratterizzato da frammentazione,
solitudine, isolamento.
7. Da chi è composta e
che cosa fa l'Associazione Mente Locale? In che misura ti senti
promotore dei progetti? I soci sono in prevalenza o utenti (la
maggioranza) o operatori dei servizi del DSM(e la quasi totalità dei
operatori soci sono educatori provenienti dalla cooperazione sociale)
. L’associazione promuove la pratica del auto mutuo aiuto (ogni
martedì mattina dalle 10.00 alle 13.00 ), e progetti di
comunicazione sociale contro il pregiudizio e lo stigma, contro la
solitudine e l’isolamento, l’ansia e l’angoscia che
caratterizzano i rapporti sociali. Per fare ciò utilizza tutti i
strumenti possibili: la voce, il testo, l’immagine e il concetto.
Quindi si costruiscono situazioni dove i volti e le voci di chi è
diventato invisibile e afono diventano protagonisti, iniziative
editoriali, video, mostre di pittura, film e documentari, seminari e
performance. Il tutto per poter riscoprire e praticare l’ “arte
di vivere” che c’è in ognuno di noi. Personalmente mi sento
promotore e promosso dai progetti fin qui realizzati.
8. Esistono delle
differenze tra i vari soci all’interno dell’Associazione?
Oltre la differenza individuale di declinare la propria esistenza,
nella sofferenza come nella gioia, che l’associazione promuove
lottando contro il processo di omologazione esistenziale oggi
imperante esistono delle differenze derivanti dai ruoli sociali che
ogni individuo riveste; nel nostro caso è la differenza tra pazienti
ed operatori quella più contraddittoria. Ma siccome il Laboratorio
urbano mente locale dichiaratamente non è un gruppo “terapeutico”,
dalla sua fondazione è iniziato un processo di “messa in critica”
dei rispettivi ruoli, delle evidenze, delle certezze , dei pregiudizi
e delle contraddizioni che ogni ruolo sociale comporta, sia quello di
operatore sia quello di paziente. Sappiamo che non basta una
dichiarazione ideologica di superamento della differenza di ruoli, ma
ci vuole una tensione costante, la volontà di sperimentare
situazioni che vadano oltre le relazioni d’aiuto regolate da
protocolli sanitari, di andare oltre il linguaggio psicodiagnostico,
di non riposarsi nei classici “setting” terapeutici.
9. Che cosa fate negli
incontri di gruppo del martedì mattina?Di che cosa parlate? Dal
2001,ogni martedì mattina, tutti le settimane, tutti i mesi, dalle
10.00 alle 13.00 circa, c’è l’incontro; ha una prima parte che
si ripete ormai da tempo immemorabile e costituisce possiamo dire
l’apertura rituale del incontro. Il gruppo si dispone in cerchio.
Prima cibo per il corpo con una sostanziosa colazione con focaccia,
pizza rossa, caffè, tè ed altre vivande, segue cibo per la mente
con la declamazione di poesie e lettura di testi e piccoli racconti.
Questa parte è una costante che fa da cornice del incontro.
Istituisce e apre campo relazionale che non è mai disegnato
apriori, con traiettorie relazionali imprevedibili anche se un
canovaccio, una trama, una tematica, affiora sempre, soprattutto
presentato sotto forma del “ordine del giorno”; una serie di
punti derivanti o dagli incontri precedenti o dai progetti a lungo
termine che il gruppo propone e coltiva ( Wunder Kammer, CPN,
Stradario, Rifugio Urbano). Intorno a questa trama ogni partecipante
al gruppo ricama la propria voce , declinandola a piacimento. Spesso
uno dei partecipanti, ha un tema impellente, che lo tormenta e il
gruppo si dispone ad accogliere il tema emergente ad ascoltare ed
ascoltarsi. Questa parte costituisce la parte mutevole di ogni
incontro. È un coro di voci, improvvisato sotto un minimo di
direzione-facilitazione, che certe volte produce qualche “cacofonia”
ma spesso “sinfonie” del profondo si odono al interno del
cerchio. I temi escono fuori dall’esperienza quotidiana del
malessere e della follia. Dal ansia all’angoscia , le voci e le
allucinazioni, l’identità e la frammentazione, la solitudine e
l’isolamento, i farmaci e lo psichiatra, le cliniche e i ricoveri,
i TSO e i repartini, la famiglia e la casa, il lavoro e il denaro.
Tutti temi che vanno e ritornano, che producono un processo
“diagnostico”, di conoscenza che non parte da manuali
universitari ma dall’ esperienza quotidiana di vivere.
10. Qual è il progetto
che ti ricordi con più affetto e perché? Prima di entrare nel
merito della domanda faccio una premessa, tutti i progetti hanno
lasciato in me una traccia mnestica e di senso. Ogni progetto (le
derive esplorative dei limiti e dei confini, la Wunder Kammer, CPN,
Stradario, Rifugio Urbano, Edizioni volanti) anche quello meno
fortunato, il collettivo ha saputo saturarlo di situazioni di vita;
sono stati degli accadimenti eventuali che segnano l’esperienza.
Tuttavia se devo dire quale progetto mi ha coinvolto di più questo è
il Circolo dei Poeti Nascosti. Una linea profonda lega questo
progetto a tempi precedenti a Mente locale. Un gruppo piccolo,
tre-quattro persone scrivono poesie, ma non sanno che farsene; hanno
i cassetti pieni e la testa che scoppia di versi. Forse li è stato
coniato per la prima volta il proclama del CPN; Hai una poesia nel
cassetto o nella tua testa? Portala in piazza …. e liberala. Si
trattava di “liberazione delle poesie” e insieme di dar voce a
parole che erano diventati solo testi. Ma non solo; è venuta fuori
una pratica di scrittura, che utilizzando la libertà e la creatività
del discorso poetico, tentava di nominare qualcosa che né il
linguaggio clinico né quello del senso comune rendeva ragione o
almeno non una ragione che bastava. Qualcosa di irriducibile ai
clicchè psicolinguistici e alle molecole neuroscientifiche, il
mistero della vita , l’assurdo della follia, l’esperienza del
mal-essere. Di tutto ciò quei versi erano le tracce di una ricerca
di senso quotidiana. Sulla follia si producono di solito solo due
tipi di scrittura, una è la cartella clinica che scrivono gli
operatori sull’esperienza del paziente e l’altra sono le poesie
che scrivono i pazienti sulla propria esperienza. Mentre la prima
riposa negli archivi degli ambulatori e non va mai oltre la cerchia
dei terapeuti e un linguaggio burocratico curante, la seconda, la
scrittura poetica, con urgenza chiede di essere ascoltata, di essere
messa in comunicazione. Quei versi scritti cercavano con urgenza una
voce che gli declama e gli faccia risuonare nelle piazze e nelle
strade. Abbiamo riscoperto che la scrittura poetica è diffusissima
tra i folli e i melanconici e questo ci ha fatto considerare che
forse solo il linguaggio poetico accoglie e rende testimonianza
autentica del esperienza della follia. Nel 2004 fondammo il Circolo
dei poeti nascosti insieme con altri gruppi affini dell’area
metropolitana. Urban 2 Mirafiori-Nord finanzia il progetto. Da allora
più di dieci raduni promossi nelle piazze, e nei mercati, nei parchi
e nei giardini, nei bar e nei teatri, con centinaia di partecipanti,
hanno cercato di trasformare il testo e la voce della poesia in arte
relazionale. Ogni raduno è una performance del “arte di vivere”:
la fondazione del luogo, l’inalzamento del totem, il trono del
poeta, la declamazione delle poesie, la liberazione eliocinetica
delle poesie, il simposio finale.
Qualche giorno fa, dopo che
dal inizio del progetto è passato qualche anno, abbiamo assistito
alla prima del film cortometraggio “Il terzo incarico”, ultimo
progetto cresciuto dentro la pancia del CPN. Mi piace la multiformità
assunta col tempo del CPN. E’ diventato testo con AntologicoPoetica
e Edizioni volanti CPN, ipertesto col blog www.poetinascosti.com ,
immagine filmica con Il cosmonauta e la lepre e Il terzo incarico, un
viaggio seguendo e creando la poesia collettiva Chi sei tu, dalla
Sicilia al Teatro del Caffè Basaglia, scultura totemica attorno alla
quale costruire la fondazione del luogo-raduno, evento comunitario
con la serie dei raduni e delle liberazioni, sintesi della
orizzontalità delle relazioni tra pari con la verticalità del
aspirazione iperurania e metafisica, simposio finale come esempio del
arte di vivere che va oltre la separazione mente e corpo. Mi piace il
CPN perché ha dato la possibilità a decine di persone di poterlo
usare e viverlo, ognuno con la propria voce e il proprio silenzio ma
tutti protagonisti.
11. Gli operatori
dell’A.S.l, i medici, gli infermieri, sanno che frequenti questo
gruppo? Che cosa ne pensano? Siccome sin dal inizio mente locale
aveva puntato su una considerazione antropologica della sofferenza
psichica e mentale, spostandosi oltre il linguaggio clinico e le
pratiche analitico interpretative, i colleghi inizialmente
faticavano a comprenderci. Un diverso modo di declinare
l’accoglienza, uno grande sforzo di abbassare la soglia, un modo
diverso di “stare nella relazione”, la ricerca di un modo di non
escludere il desiderio dal nostro fare quotidiano, tutto ciò ha
provocato più di qualche incomprensione non solo tra i colleghi ma
anche tra di noi che partecipavamo direttamente all’impresa. Col
tempo mente locale ha assunto una sua fisionomia, una sua coerenza,
si è fatto conoscere sia nei servizi sia nel territorio. Tramite
Urban2 ha potuto sperimentare un percorso di formazione con i
colleghi dei servizi dove abbiamo portato tutta l’esperienza
maturata nel laboratorio e nel territorio. Man mano che i progetti si
realizzavano, acquistavamo visibilità e riuscivamo a far giungere ai
nostri colleghi il senso e il significato del nostro lavoro. Sempre
di più mentelocale veniva riconosciuta come risorsa dai colleghi,
aumentava la curiosità e aumentavano anche gli “invii” verso
mentelocale. Nostro sforzo costante è quello di condividere con i
colleghi, con tutti i strumenti a disposizione (riunioni,
supervisioni, seminari, occasioni pubbliche, testi e testicoli
volanti, film e mostre d’arte) il procedere e i risultati delle
nostre ricerche. Siamo tutt’ora però considerati, estroversi,
sperimentatori, buontemponi, qualche volta perditempo, creativi,
quelli che si muovono in base al desiderio, stimolanti,
incomprensibili, qualche volta rompicoglioni etc. Tutto sommato bene.
12. Che relazioni
intercorrono tra l’Associazione e le altre agenzie del territorio?
Il laboratorio urbano intrattiene rapporti con molte agenzie. Con
alcune il rapporto è formale con altre si condividono progetti,
ricerca e significato. Comunque lo spettro delle relazioni parte da
altri gruppi o associazioni affini alla nostra come gruppi di auto
mutuo aiuto, Rete Servizi bassa soglia, utenti dei DSM regionali,
Coordinamento Utenti Piemonte (Torino, Biella, Chivasso, Alba,
Cuneo), Associazionismo di base ( Arcobaleno, Il Tiglio, Vol.Pi,
O.I.S.M), Forum regionale e nazionale sulla salute mentale,
Coordinamento operatori bassa soglia Piemonte(COBS Piemonte), Servizi
bassa soglia : “senza fissa dimora”, “consumatori di sostanze”,
“disagio psichico e mentale” ( dormitori, Centri diurni, centro
crisi, drop-in, CanGo….), le relazioni che fanno rete nel nostro
quartiere Mirafiori-nord, i soci di Laburb abitanti nel distretto,
l’associazionismo del quartiere – Tavolo della 2 – Cascina
Roccafranca, le reti del volontariato, le parrocchie e i
centri d’ascolto ( Parrocchia Gesù Redentore) la rete dei servizi
ASL2-DSM e servizi Socioassistenziali, Servizi territoriali ASL2,
Servizi territoriali DSM – Centri Salute Mentale e centri diurni,
Ospedali e SPDC, Residenzialità assistita, case famiglia e
appartamenti protetti, Case di cura e comunità terapeutiche, CST ed
educativa territoriale e alla fine la rete di comunicazione sociale,
come il Circolo Poeti Nascosti (CPN), Videocomunity, Lo Stradario,
periodici di base: Edizioni emotive, Segnali, Il Veliero, la
cooperazione sociale.
13. Ti sembra che le
attività proposte dall'Associazione si diversifichino dalle altre
proposte all'interno del centro diurno e dell'ambulatorio? Si
perché laburb è un laboratorio relazionale e di comunicazione
sociale che si pone sulla soglia tra DSM e territorio.
14. Se si, perché?
L'associazione porta qualcosa di nuovo? Perché non è terapia né
riabilitazione come la maggior parte degli altri gruppi del
dipartimento, anche se attraversa campi di cura e percorsi
socioassistenziali . Inoltre laburb ha portato le relazioni d’aiuto
fuori dai protocolli sanitari, ha impostato relazioni tra pari e ha
cercato di aprire campi relazionali che si stendono su tutta la città
non limitandosi al distretto-territorio.
15. Che cosa ti aspetti
di poter fare all'interno dell'Associazione in futuro? Di fare
bella vita